lunedì 25 ottobre 2010

Barton Fink - E' successo a Hollywood (1991) - di Joel ed Ethan Coen

Quarto film dei fratelli Coen, Barton Fink è la storia di uno scrittore in crisi ed alla disperata ricerca dell'ispirazione. E'il 1941, il giovane Fink è appena arrivato a Los Angeles fresco del successo newyorkese di una sua piece teatrale che racconta la semplice storia di un uomo comune. Una grande major hollywodiana lo ha contrattato per fargli scrivere un film di seconda categoria sul wrestling, ricco contratto e minimo sforzo, alloggio nel fatiscente Hotel Earle, stanza 641, dove la carta da parati suda e si stacca e le zanzare non danno pace.
Sin qui il canovaccio lineare di un racconto che i Coen riempiono invece di tracce inattese. Atmosfere che sfiorano il thriller ed insinuano il mistero, per poi tornare a giocare su toni grotteschi. La stanza di Fink diventa pian piano lo scenario spaventoso di un incubo assurdo.
Chi è in realtà l'apparentemente innocuo vicino di stanza?
"Tu non ascolti".
I fratelli Coen costruiscono un film sinuoso e frastornante, che piace ma che a dire il vero ogni tanto disturba, inquieta, logora.
La mole di significati sottintesi, le frasi non dette, i concetti infiltrati dietro ad innocui personaggi di contorno, rendono questo lavoro una summa di generi affascinante e tortuosa, un esperimento di cinema forse un pò troppo macchinoso nel suo invito continuo a non fermarsi all'immagine pura.
La critica al sistema cinematografico USA ed a chi del sistema è succube e profittatore è impietosa, ma non costituisce una chiave di lettura unica per un progetto che in realtà pare volersi spingere oltre, chiedendosi dove cominciano e dove possono andare a finire il cinema, un film, una storia.
Nel 1991 la giuria di Cannes presieduta da Roman Polanski premiò Joel Coen come miglior regista e John Turturro quale miglior attore: forse un pò troppo. Di certo Barton Fink è un film che si è ben conservato e che, anzi, a 20 anni di distanza ha forse acquistato un fascino, una protervia, che di quei premi mostrano la lungimiranza.
E poi, oltre ogni dubbio, vale comunque la pena stare a guardare un John Goodman meraviglioso, superiore a Turturro, cinema puro ed intenso.

Burton Fink - E' successo a Hollywood (Burton Fink)
Di Joel ed Ethan Coen. Con John Turturro, John Goodman, Michael Lerner, John Mahoney, Judy Davis, Steve Buscemi, Tony Shalhoub
Commedia drammatica, durata 115 minuti
USA - 1991

martedì 19 ottobre 2010

Il federale (1961) - di Luciano Salce

La seconda guerra mondiale è ormai agli sgoccioli quando a Primo Arcovazzi, fanatico funzionario fascista, viene assegnato il compito di scovare ed arrestare il professor Bonafè, stimato filosofo antifascista in odore di alto incarico nella nuova Italia democratica.
Aldilà di una costruzione narrativa semplicistica ed a tratti un pò banale, questo lavoro di Luciano Salce, datato 1961, si distingue per la visione inedita (e coraggiosa, visti i tempi) che viene data del fascismo in senso individuale e concettuale. Primo Arcovazzi, interpretato da un bravissimo Ugo Tognazzi, viene infatti ritratto in una sorta d'ingenuità sconvolgente e sanguigna che quasi ne giustifica le nefandezze. La devozione assoluta per gli ideali inculcatigli, la convinzione inscalfibile con la quale, anche contro l'evidenza, quegli ideali segue, ci consegnano infatti un personaggio umanamente comprensibile, anche se storicamente sbagliato.
Salce ci spiega insomma che pure i fascisti, o almeno qualcuno fra loro, erano uomini, risoluti della bontà delle loro idee seppur drammaticamente in errore.
Come si diceva, la costruzione narrativa è lasciata ad una serie di quadri a volte un pò troppo slegati, scenette che raccontano le vicissitudini dell'improbabile coppia nel viaggio che dall'Abruzzo li porterà a Roma e che nel complesso paiono troppo leggere, abbandonate più al carisma dei due formidabili attori protagonisti (il professore è interpretato da George Wilson) che ad una regia in verità un pò spenta ed acerba.
Rimane, dunque, l'interesse per un tentativo non facile di presentare un tema delicatissimo come il dibattito sul fascismo in un'Italia ancora scossa dalle terribili sofferenze della disfatta militare, sul cui altare viene sacrificata persino la conclusione, a ben vedere scontata ed un pò qualunquista.
Da rivedere, in ogni caso, se non altro per approfondire un punto di vista anomalo ed originale nei meandri del cinema post-fascista e godersi le fantastiche indicazioni di "buca", "sasso", lanciate da Arcovazzi - Tognazzi alla guida della sua motocarretta.

Il federale
di Luciano Salce. Con Con Ugo Tognazzi, Gianni Agus, Georges Wilson, Gianrico Tedeschi, Leopoldo Valentini, Stefania Sandrelli

Commedia, durata 100 min.
Italia - 1961

sabato 16 ottobre 2010

Vivere e morire a Los Angeles (1985) - di William Friedkin

Richard Chance è un poliziotto scomodo, allergico alle regole ed alla vita. Durante un'indagine su delle banconote false il suo amico Jimmy Hart, più saggio e più anziano, viene ucciso. Comincia così una disperata caccia all'uomo, una rincorsa verso la vendetta, lontana da ogni regola.
Una Los Angeles rossastra ed inedita è lo sfondo di questa storia ad alto ritmo, uno dei lavori più sperimentali di William Friedkin. Le musiche trascinanti di Chung e la fotografia aliena di Robby Muller spingono le immagini oltre il concetto classico del cinema d'azione. In To live and die in L.A. si avverte una sensazione di malvagità dirompente, una violenza oscura, dolore ad alta velocità.
Friedkin costruisce un film duro, compatto, adrenalinico, lasciando però poco spazio ai luoghi comuni del genere. Non c'è speranza, nè redenzione: il male è grandiosamente difficile da sconfiggere.
William Petersen (oggi riconosciuto dal popolo televisivo mondiale per il suo ruolo nella serie CSI, all'epoca poco più di un esordiente), nei panni di Chance, ci trascina nella sua follia, mentre brucia la necessità dell'azione, e ci ricorda lo Steve Mcqueen di Bullitt.
E' qui che si riconosce l'attenzione dedicata da Friedkin alla profondità dei ruoli, un aspetto che si mostra nella sua evidenza assoluta guardando ai due personaggi femminili, mai secondari, mai scontati.
L'attesa non esiste, se si vuol vivere o morire, a Los Angeles.
Ed alla fine la domanda è: chi sono i buoni, quali i cattivi?

Vivere e morire a Los Angeles (To live and die in L.A.)
di William Friedkin. Con Willem Dafoe, William Petersen, John Pankow, John Turturro, Debra Feuer, Dean Stockwell, Darlanne Fluegel
Poliziesco, durata 116 minuti
USA - 1985

martedì 12 ottobre 2010

Odgrobadogroba (2005) - di Jan Cvitkovic

Piccoli film insoliti, storie stralunate, allegria che si trasforma poi in malinconia, un sottofondo di tristezza che non si capisce bene da dove arrivi, però lo si avverte, dal principio alla fine.
A tutte queste categorie appartiene Odgrobadogroba, Di tomba in tomba, pellicola slovena del 2005 che descrive attraverso la vita di Pero, scrittore mancato che di lavoro fa l'oratore funebre, tante piccole storie, sino a costruire il ritratto sognante e colorato di un intero paese.
E'un film intimo e familiare Odgrobadogroba, che parla di morte, ma che lo fa con la felicità ed il candore possibili solo nella cultura slava, fondendo spietatamente dramma ed amore, in un abbraccio che commuove la coscienza ed il cuore.
I riferimenti a Kusturica non sono poi troppi, se non quell'inventiva strampalata che tanto ci lascia di stucco ma che è poi forse ormai il caso di riconoscere come un tratto altro di una società, quella balcanica, che marca differenze profonde con le nostre ordinate vite occidentali, specie sui temi da noi considerati tabù (fra questi, appunto, la morte).
Sono le immagini a restare impresse nel film di Cvitkovic, dal nonno aspirante suicida alla pazzoide e silente Ida, piccoli ritratti che uno dopo l'altro ci avvicinano al frastuono delle emozioni, dei sentimenti, ricordandoci quanto è poi semplice la complessità delle cose.
Si chiude così com'era arrivato Odgrobadogroba, con un'inquadratura violenta, gioiosa, toccante. E poi ci si riflette intorno, con l'animo di chi sta ancora cercando qualcosa.
Vinse i festival di San Sebastian e Torino, Di tomba in tomba, nel 2005, ma poi, come spesso purtroppo accade per cose e persone, ce ne dimenticammo...

Odgrobadogroba 
di Jan Cvitkovic. Con Gregor Bakovic, Drago Milinovic, Sonja Savic, Mojca Fatur, Brane Gruber, Natasa Matjasec
Commedia nera, durata 103 min.
Slovenia - 2005

domenica 3 ottobre 2010

Porte Aperte (1990) - di Gianni Amelio

Di film tratti dalle storie di Leonardo Sciascia ne sono, è certo, stati girati tanti, eppure fra tutti Porte Aperte, di Gianni Amelio, è senza dubbio il mio preferito.
Una storia che si snoda lungo ritmi ampi, dilatati, in una Palermo inedita ed intima, cornice di un dibattimento giudiziario per un caso di omicidio, nell'Italia fascista degli anni '30.
Tutto in questo lavoro del 1990 è sottile, tenue, nonostante il tema centrale riguardi una profonda riflessione sulla pena di morte. Uno splendido Gian Maria Volontè mostra una recitazione perfettamente misurata, fatta di piccoli gesti, di accenni, contenuta ma estrema nella sua caratterizzazione.
Porte aperte riflette sulla società, non solo su quella siciliana, e sulla sua incapacità di andare a fondo nelle cose.
Le porte aperte del titolo si riferiscono al noto mito della sicurezza durante il Ventennio, quando, appunto, "si poteva dormire con le porte di casa aperte", che alla sicurezza ci pensava lo Stato.
"Ma lo stato non deve rispondere all'assassinio con l'assassinio", nemmeno in un caso di triplice omicidio.
Passione, emozione, un gruppo di attori eccezionali, una fuga travolgente dai luoghi comuni della Sicilia cinematografica, dai canoni spettacolari del thriller giudiziario.
Un film da rivedere, che a distanza di 20 anni mantiene intatto il suo fascino intriso di lucidità e malinconia.

Porte Aperte
di Gianni Amelio. Con Gian Maria Volontè, Ennio Fantastichini, Renato Carpentieri, Renzo Giovampietro
Drammatico, durata 106 minuti
Italia - 1990