mercoledì 29 dicembre 2010

Cari fottutissimi amici (1994) - di Mario Monicelli

Un gruppo di improbabili pugili amatoriali, capeggiati dall'ex boxeur professionista Dieci (un favoloso Paolo Villaggio) sbarca il lunario esibendosi per sagre e paeselli toscani sullo sfondo di una seconda guerra mondiale ormai agli sgoccioli.
Cari fottutissimi amici è un road movie malinconico e soave che racconta l'Italia dubbiosa e stravolta appena dopo la caduta del fascismo.
Negli scalcinati protagonisti di questo film disordinato (e forse anche per questo affascinante) c'è l'affresco di un paese semplice, ingenuo e provinciale, che di lì a poco si sarebbe trasformato, purtroppo, in una macchina industriale schiacciata dall'ansia del consumo.
La critica, nel 1994, accolse tiepidamente questo strampalato film di Monicelli, che probabilmente pagò una certa debolezza narrativa, ma che a ben vedere non raccolse invece il giusto plauso per la straordinaria galleria di personaggi che regala.
Su tutti uno strepitoso Paolo Villaggio, che con la sua interpretazione burbera e romantica, con il suo volto serio (ma mai triste) e malinconico, riesce a tirar fuori ben più di un'emozione.
Le scorribande del gruppo fra le colline toscane, a bordo di uno scassatissimo camion a carbone, sono il ritratto, tenero , di un'Italia (di un cinema?) che non c'è più: povera e sbandata, però vitale, serena, sincera.
"Erano tempi speciali, quelli lì: i più brutti che possono capitare a una generazione. Anche se ora, a riparlarne, mi trema la voce dalla nostalgia. E non solo perché si aveva vent'anni. Adesso che è passato tanto tempo, che sono quasi vecchio e non mi piace più nulla, ho capito perché: forse sopravvivere è meglio di vivere."

Cari fottutissimi amici
di Mario Monicelli. Con Paolo Villaggio, Massimo Ceccherini, Stefano Davanzati, Antonella Ponzani, Novello Novelli, Vittorio Benedetti
Commedia, durata 113 minuti
Italia - 1994

martedì 28 dicembre 2010

La banda dei Babbi Natale (2010) - di Paolo Genovese

Avevo pensato di introdurre la mia critica con un ragionamento sulla critica stessa, anzi (meglio) sul ruolo del critico nell'arte; sarebbe stato probabilmente necessario, ma inevitabilmente saremmo andati a parare ben oltre le ambizioni di questo piccolo blog, per cui, restiamo a noi ed al film visto ieri sera: La banda dei Babbi Natale.
Al cinema ci vado con mia madre ed a Messina, due variabili (più la seconda che la prima...) che limitano drasticamente la scelta. Si punta quindi sul film di Aldo, Giovanni e Giacomo, che in fondo dovrebbero far ridere con garbo o comunque meglio di De Sica e compagni.
E invece no.
La banda dei Babbi Natale è un film vergognoso, che fa rabbia e indispettisce. Appena fuori dal cinema mi sento preso in giro, a dispetto degli sperticamenti positivi sin qui letti e prodotti dai più noti conoscitori di cinema del nostro paese (fra cui, ahimè, persino lo stimato Mereghetti), l'ultimo lavoro dell'ormai storico trio comico si districa infatti fra scopiazzamenti e idee ritrite, in un pastone di mediocrità, di piattume così prorompenti da far pensare sarebbe stato meglio, addirittura, scegliere la sala dove davano Muccino (Silvio).
La banda dei Babbi Natale ci porta in un commissariato di polizia la notte del 24 dicembre. Per un malinteso che le immagini ci aiuteranno via via a comprendere tre uomini, sorpresi nel tentativo di svaligiare un appartamento, sono trattenuti in stato di fermo.
Nel tentativo di dimostrare la propria innocenza iniziano dunque così a raccontare al commissario il complicato intreccio di amicizie, sentimenti e relazioni che li riguarda, mentre il tempo passa inesorabile e si avvicina l'ora X della cena in famiglia.
A parte un paio di gag indovinate (su tutte quella, doppia, di Giovanni che cerca, senza riuscirci, di confessare i suoi tradimenti), il film scorre privo di accenti e in una confezione scialba, dando la sensazione continua di un prodotto preparato con l'obiettivo preciso di racimolare qualche soldo grazie al fedelissimo pubblico natalizio.
La storia d'amore di Giacomo è patetica e totalmente inverosimile, Aldo è ancora una volta confinato nel solito ruolo, urlato, di scansafatiche allegro e bonaccione, mentre Giovanni, comunque il più positivo dei tre, viene risucchiato da un meccanismo di flashback che rompe il ritmo e tritura, definitivamente, il già scarsissimo andamento del film (e non solo...).
Alberto Crespi, de L'Unità, scrive che "il copione è compatto, le gags ben studiate", Francesco Alò, del Messaggero, dice che "Si ride con garbo, Milano è filmata con classe", Maurizio Cabona, Il Giornale, ci racconta che "Aldo Giovanni e Giacomo – più Angela Finocchiaro, sempre più brava – rifanno loro stessi meglio del solito", Gianluigi Rondi, Il Tempo, rileva come "il trio indirizza le proprie esibizioni, senza innovare molto ma sempre con sapori e colori di una efficacia indubbia", Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, parla di "risate, garbo e piacevolezza".
Io, che evidentemente ne capisco molto meno, ho a questo punto il dubbio di aver visto un altro film.

La banda dei Babbi Natale
di Paolo Genovese. Con Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Angela Finocchiaro, Giorgio Colangeli, Sara D'Amario, Giovanni Esposito, Silvana Fallisi, Antonia Liskova, Lucia Ocone, Cochi Ponzoni, Massimo Popolizio, Remo Remotti, Mara Maionchi
Comico, durata 100 minuti
Italia - 2010

lunedì 27 dicembre 2010

Ratatouille (2007) - di Brad Bird e Jan Pinkava

Visto in tv, su Rai 2, la sera di Natale, Ratotouille si è rivelato una vera sorpresa.
L'ottavo cartone animato in digitale firmato Pixar mette in scena la storia del piccolo Remy, un topolino di campagna con una sfrenata passione per la cucina.
Capitato per caso nel decaduto ristorante parigino del suo idolo, lo chef Gusteau, dopo alcune divertenti disavventure, Remy potrà finalmente coltivare il suo sogno (diventare un grande cuoco) con l'aiuto del giovane lavapiatti Linguini.
Assecondando il motto di Gusteau, "chiunque può cucinare", Remy riuscirà a riportare in auge il locale ed a garantire il successo per il suo amico Linguini, almeno sino a quando lo spietato critico Anton Ego non deciderà di testare il nuovo menu del ristorante.
Sono diverse le riflessioni presentate da questo spassosissimo cartone, prime fra tutte quelle relative all'ansia del successo, all'accecante ambizione dell'essere umano nella società del nostro tempo ed alle aspettative che a tutto ciò sono collegate.
Ci sono poi il rapporto padre - figlio, la contrapposizione fra culture e mondi differenti, l'analisi intima e finemente accennata delle sensibilità psicologiche che attanagliano ognuno di noi.
Ratatouille è una storia dal ritmo convolgente, piena di colpi di scena, di battute, di personaggi cui non è difficile affezionarsi. I modelli sono però alti e così ci si imbatte nei "pensieri", in uno sguardo che è solo superficialmente leggero, ma che in verità lancia bordate precisissime ai vizi più comuni della nostra società.
La Pixar ha certamente rivoluzionato, in meglio, il mondo dell'animazione, mostrando come sia possibile lavorare su un prodotto tecnicamente di altissimo livello e destinato in partenza a bambini e ragazzi senza però tralasciare un approfondimento sui temi più importanti della nostra quotidianeità, sviluppandolo anzi in maniera intelligente e mai superficiale (una delle pecche, questa, più comuni nelle produzioni animate, specialmente in quelle degli ultimi anni).
Quando vuole persino la televisione, persino Rai 2, può mostrare qualcosa di interessante...

Ratatouille
di Brad Bird e Jan Pinkava
Animazione, durata 117 minuti
USA - 2007